“E fate un brainstorming allora?” ho sentito varie volte questa frase, pronunciata con il tono entusiasta e pieno di aspettative del giovane che vorrebbe tanto assistere al magico evento…oppure con il tono canzonatorio di chi si domanda quale caos mentale possa mai generare buone idee.
Il brainstorming è spesso infatti diventato un termine un po’ abusato e modaiolo, momento creativo per antonomasia e sinonimo al contempo di riunione confusa e disordinata.
Ma il brainstorming non è un momento magico né un momento di caos …è un metodo, un metodo dove l’imperativo è lasciare libero il concatenarsi delle idee nell’ottica di generare con questo nuove visioni e aprire nuove prospettive per affrontare problemi, invenzioni ecc. con approcci non standard.
Di qui l’uso frequente in ambito pubblicitario dove il non-convenzionale, ciò che può stupire e incuriosire è spesso un must del lavoro. Di qui la creazione di un nuovo “mito” in un mondo che già sembra spesso fumoso e indefinito, quello dei “creativi”, di quelli che hanno le idee, un po’ estrosi, dormono poco la notte, vestiti male o comunque fuori dagli schemi sociali… di quelli che siedono intorno ad un tavolo e si fanno pagare (poco ormai!) per sparare cose strampalate da condire bene e vendere al cliente per la sua prossima campagna…
Del resto nel 1995 Jacques Sequela intitolava il suo libro “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario… Lei mi crede pianista in un bordello”
1 commento:
il brainstorming è proprio un metodo, deve essere fatto sempre, soprattutto la mattina appena svegli per organizzare al meglio la giornata.
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